Ecate è una divinità che amo molto per quel suo essere antica, potente e ammantata di mistero.
L’etimologia più diffusa del nome Ecate la fa derivare dall’equivalente femminile di Hekatos, un oscuro epiteto di Apollo (Ecate e Apollo erano spesso abbinati nei luoghi oracolari).
Il suo nome è stato tradotto in moltissimi modi, come “che opera da lontano e che colpisce”. Secondo altri, il nome deriverebbe dal termine greco per “desiderio, volere” (in dispensatrice di desideri), per altri ancora il suo nome avrebbe la stessa radice della parola greca “cento”, allude alle molte forme che lei può assumere: Ecate, discendente dei Titani, la “multiforme”.
Ecate è la più misteriosa tra le dee del patheon greco e romano. Le sue origini non sono chiare. Sembra che il suo culto derivi dagli egizi. Ma la sua esistenza può risalire addirittura a tempi molto più remoti. Il suo legame con i culti neolitici della Grande Madre è molto forte e questo la rende una delle dee più potenti e temute.
La tradizione più antica riporta a lei come divinità preolimpica, come figlia di Erebo e della Notte. Fino a quando la sua connessione con la fecondità non fu oscurata, si diceva che fosse la madre di Circe e delle Tre Grazie.
Esiodo la descrive come Dea delle Stelle, figlia della vergine (stellata) madre Asteria (e padre Persete) e destinata ad ereditare il trono come Dea dei Cieli.
Asteria era una delle sorelle di Letho che diede alla luce Apollo e Artemide, diventando cugina di Ecate Artemide.
A conferma dell’alta considerazione che i Greci avevano per le antiche origini di questa Dea, le fu riconosciuto un potere posseduto da Zeus: concedere o vietare la realizzazione dei desideri dell’umanità.
Da Esiodo conosciamo che i privilegi di Ecate si estendevano sulla terra, nel mare e nel cielo, circostanza rara tra le divinità della Theogonía, e che essa aveva mantenuto le sue abilità anche quando Krónos venne detronizzato dal figlio Zeus. Da questa scena si evince che Ecate aveva preso le parti di Zeus durante la Titanomachia.
Da Apollodoro e altri mitografi apprendiamo anche che Ecate aveva combattuto al fianco degli dei Olimpici durante la grande ribellione dei Giganti.
I titani sono una stirpe arcaica che risale alla nascita dei tempi. Esiodo li fa risalire al principio del tutto, il Chaos, come figli di Gea e suo figlio Urano. Quest’ultimo dolorosamente noto per aver trovato la morte per mano del figlio Crono, il tempo, il quale lo uccise colpendolo con una lama fabbricata dalla madre Gea.
Patricidi ed omicidi vari costellano la storia delle origini del mondo e degli dei.
Questo aspetto truculento della questione, è funzionale a comprendere come la morte rituale, oltre che materiale, sia il fulcro generatore delle vicende che vedono gli dei e gli uomini quali protagonisti.
Il tema della morte come rito di passaggio, morte e rinascita, emblema dell’eterno conflitto duale vita/morte, luce/ombra che caratterizza l’esperienza umana, diviene peculiare della dea e di estremo fascino per gli approfondimenti mitopoietici che facciamo.
In età antica Ecate concedeva particolarmente la prosperità materiale, il dono dell’eloquenza nelle assemblee politiche, la vittoria nelle battaglie come nei giochi.
Procurava pesca abbondante ai pescatori; a piacere, fa prosperare o deperire il bestiame.
I suoi privilegi si estendono a tutti i campi invece di essere limitati ad alcuni, com’è, in genere, il caso delle divinità.
La si invoca anche, in particolar modo, come “dea nutrice” della gioventù, allo stesso titolo di Artemide e Apolllo.
Queste caratteristiche della Dea con il tempo sono andate arricchendosi di sfumature che ne fanno una divinità complessa e ambivalente facendo di lei la signora delle ombre e dei fantasmi notturni, e divinità che presiedeva alla magia e agli incantesimi.
Appariva ai maghi e alle streghe con una torcia in ogni mano, o anche sottoforma di vari animali: giumenta, cagna, lupa e leonessa.
Cosa ci insegna
Ecate è un archetipo complesso che restituisce tridimensionalità alla nostre psiche appiattita da categorie di giusto/sbagliato buono/cattivo.
Nella sua capacità di abitare le soglie, risveglia anche le zone liminali della nostra interiorità, aprendoci alla complessità e alla possibilità di accogliere la luce come l’ombra in modo equanime.
Ciò che consente alla coscienza di crescere è proprio la possibilità di integrare livelli via via più ampi di realtà uscendo dalle logiche proiettive per tornare a vedere la realtà per quello che è e non per quello che vorremmo che fosse o che siamo abituati a vedere.
Ecate appartiene a un’era in cui ci si arrendeva al mistero della natura e si viveva in comunione con essa. Era espressione di un momento in cui le separazioni non erano così nette e il potere del divino era parte dell’uomo e in questo esercita la sua funzione ecoterapeutica perché completamente immersa nel flusso vitale e nelle sue continue contraddizioni.
Lontanissima nel tempo, vicinissima dentro di noi, come il matriarcato, come il sapere segreto delle fiabe, come la magia naturale, come il gesto di raccogliere le radici per scoprirne i poteri e pestare in un mortaio geni vegetali da mescolare a intenti di guarigione e cura.
Ecate è benevola e terribile, come un farmaco può guarire o avvelenare, come il tasso offre ai suoi discepoli di accompagnarli in viaggi al di là del tempo, al di là di ogni confine e guida solo chi abbia il coraggio di discendere nel proprio inferno personale.
Un pò come la psicoterapia…
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