Fin dalla tenera età, sono stata abituata a frequentare lo spazio di pace e luminosità interiore che l’andare in Natura offre a tutti noi.
Uno spazio di pace immenso e di profondo e radicato sentirsi allacciati col mondo.
Molto tempo dopo, quando ho incontrato la meditazione formale, ho capito che durante la pratica è possibile visitare e sostare nello stesso spazio di pace interiore che l’andare per boschi mi ha sempre offerto.
Con l’andare degli anni e della pratica meditativa, mi sono resa conto che questo spazio interiore va via via rafforzandosi e con lui la convinzione, ma forse dovrei dire la fiducia, che questo spazio si offra sempre a noi, a patto di volerlo visitare.
Non si tratta di qualcosa cui pensi, è qualcosa che ti accorgi di abitare non solo durante la pratica: è come fosse un caro amico che è sempre disponibile per te ogni volta che senti di averne bisogno: basta che bussi alla sua porta e lui ti accoglie.
Mi rendo conto, riflettendoci, che la meditazione ha incoraggiato il mio senso di libertà, permettendomi di essere nel momento presente con tutta me stessa, sviluppando fiducia nel vuoto, nel silenzio, nella quiete e nell’essere in grado di “sostare” in qualsiasi stato d’animo.
Meditando, si sviluppa fiducia in quello “scomparire” che ogni giorno si realizza sedendo sul cuscino, che ci fa comprendere che ci siamo fisicamente ma che al tempo stesso scompariamo ed entriamo in comunicazione e in contatto con qualcosa di molto più grande di noi che si prende cura di noi.
Questa esperienza fa maturare la sensazione che non ci sia bisogno di preoccuparsi: in ognuno di noi c’è una consapevolezza profonda che sa e che è in grado di accettare il presente per come si offre, che ci regala una sensazione di libertà, di appartenenza intima con le cose, di possibilità di stare e accogliere senza opporre resistenza.
La meditazione permette di raggiungere uno stato di intima rilassatezza e fiducia che ci fa ricordare la fortuna di esserci, adesso, esattamente in questa forma e in queste condizioni: vivi, vibranti, interiormente luminosi.
La meditazione ci fa entrare in contatto con la natura fluida delle cose, ci aiuta a rilassarci, ad aprirci, a prenderci cura di noi stessi e del momento presente, quarantena compresa, sviluppando qualità capaci di trasformarci dal profondo come quelle del perdono, dell’offrirci, del comprendere nel profondo che tutte le persone desiderano essere felici, anche quelle che ci fanno del male.
La pratica di mindfulness può essere particolarmente utile in questi giorni, perché ci aiuta a nutrire di gentilezza e comprensione verso la nostra vulnerabilità, in primis riconoscendola e poi imparando ad accoglierla per quello che è.
Perché la vulnerabilità esiste, esattamente come la paura ma la nostra società si è lentamente e progressivamente allontanata dal prendersi cura e carico di queste emozioni, esorcizzando, prima tra tutte, la paura di morire, nascondendola, allontanandola, mistificando la realtà.
In giorni in cui una pandemia riporta con forza il tema della fragilità, precarietà e transitorietà della vita, io credo che la meditazione e la sua innata capacità di metterci in profondo contatto con la nostra vulnerabilità, sia un grande dono.
Lo è perché la pratica dell’ascolto profondo ci educa a comprendere che è dalle nostre vulnerabilità che si aprono gli spazi di cambiamento interiore.
Lo è, perché imparare ad accogliere le nostre fragilità richiede di riuscire a fare amicizia con il nostro inflessibile giudice interiore e accogliere la natura perfettamete imperfetta di tutte le cose, riuscendo a entrare in contatto profondo, onesto e vivificante con la vita, dunque anche con le nostre risorse e capacità di vivere la nostra vulnerabilità come uno straordinario dono di umanità.