Come diceva quella canzone? “è notte alta e sono sveglio?” beh, diciamo che è mattina presto e sono arzilla e non è che sei tu il mio chiodo fisso, è che niente, mattinieri ci si nasce (pena poi l’essere rincorbelliti alle nove e mezzo di sera, sia chiaro) e si finisce con il cercare questo momento del giorno perché regala ispirazione e sguardi diversi sul mondo.
La vita a volte sembra un diesel: te ne stai anni a scaldare i motori, quieta (oddio, nel mio caso anche no) e poi, che ne so, ti parte l’embolo, sciogli le resistenze, vai oltre le tue remore e ti trovi catapultata in una realtà inimmaginabile.
Non è un mistero: questa vita da ragazza madre (all’alba dei 40 sorrido sorniona, eppure ‘sta definizione mi diverte) che mi vede totalmente assorbita da una semi-adolescente che mi sballotta dalla pallavolo (mamma sbrigati che Erika fa l’elenco in ordine di arrivo e poi mi tocca sistemare i palloni) alle equazioni con la frazioni (spero che il buon Petralli, il mio prof. di matematica che non ha smesso di pregare il Signore per farsi recapitare scorte di pazienza supplementare per riuscire ad avere a che fare con me, non legga queste righe insulse) passando per le prime turbolenze amorose (mamma – dice lei facendomi gomito gomito all’entrata di scuola – lo vedi quello con la felpa nera? Oddio, penso io mentre strizzo gli occhi e invano cerco di capire di chi parli lei, quest’anno si è scatenata la moda? tutti di nero vi vestite?) mi diverte molto.
Ma c’è dell’altro, perché in questa movimentata fase della mia vita, mi diletto anche a immaginare cosa farò da grande (inutile che tu sorrida sornione visto che hai appena appreso che sono alla vigilia dei miei primi quarant’anni: è proprio così, ho da capire cosa farò da grande e ti ricordo che sono in buona compagnia, oh).
Tra una collaborazione, qualche ripetizione (è che è a me stessa che dovrei imparare a ripetere più spesso certi concetti, diciamolo una volta per tutte) e qualche progetto che a volte nel cassetto ce lo butto accartocciato perché mi confronto con le prime difficoltà del caso, sto realizzando che la strada che non ho scelto, perché semplicemente è la mia, è difficile, o meglio non è convenzionale (su cosa sia convenzionale ti tedierò un’altra volta: mica posso risolvere tutti i mali del mondo in un post, no?!).
Sto realizzando insomma che quella del comunicare è una missione, come tutte le professioni che seguano i nostri talenti e che abbiano quella dose di necessaria follia che ci spinga a crederci fermamente (nei di cui sopra talenti) e a farci investire (risorse economiche, tempo, dubbi, lotte interiori, grumi di sogni) in quanto sentiamo intimamente essere giusto per noi.
Ecco che, sempre all’alba dei quarant’anni (ma anche di un nuovo giorno, considerato che sono le 5.45 del mattino) realizzo che io da grande voglio comunicare, mettere in relazione, crescere e far crescere, coltivando le mie passioni e mettendole in rete con quelle altrui e scegliere, voglio, le realtà che mi somigliano, che hanno qualcosa da dirmi e da darmi e alle quali io penso di poter regalare il mio talento, perché questo può chiamarsi tale quando davvero riesca a mettersi al servizio di altri e a contribuire, col suo insignificante semino, a migliorare questo mondo giardino.
Faccio quindi l’esperienza di chi, proponendosi ad altri, non abbia da proporre sedie, bibite o cioccolatini ma visioni e si confronti quindi con lo spettro del professionista più acclamato e conosciuto del mio settore che io conosca: il venditore di fumo.
Si, perché, in una società in cui il “se non vedo non credo” è un must, insieme alla Nutella col tuo nome che serve a ricordarti che sei speciale (perché, appunto, se non vedi non credi: come faresti a ricordartelo? Che mondo sarebbe senza Nutella?) presentarsi alle aziende con una promessa di crescita, con una visione che parli di valore aggiunto e introduca all’interno della catena di produzione un nuovo anello: quello della relazione umana, della condivisione, dello scambio con il famoso consumer che, se abbiamo capito essere diventato presumer considerato il fiorire della letteratura in merito, fatichiamo ancora a trattarlo come tale, è roba da pionieri te lo dico io.
Sono pensieri veloci e mescolati al profumo del caffè che, bevuto all’alba ha il pregio di ricordarmi le mattine dei tempi del liceo, quando mi alzavo presto per studiare e mamma mi faceva trovare il fuoco acceso e una tazza di espresso sul tavolino perché, come ti dicevo, vivo un momento veloce e passato presente e futuro spesso si fondono e si confondono, amplificando la sensazione di grande liquidità e trasformazione che vivo.
E’ notte alta e sono sveglia, anzi no è mattina presto ma mi correggo: è quasi ora di iniziare un altro giorno, imprecando per svegliarla, rincorrendola per far sì che si vesta, arrivare trafelata a scuola (per domandarmi quale sarà oggi la felpa nera da cercare nella folla?) e poi ancora per consegnare al mare tutti questi pensieri mentre immagino ogni giorno con maggiore precisione quale sia il mio talento e come poterlo usare nel migliore dei modi.
E tu, ce l’hai un chiodo fisso?
E io ti adoro sempre di più…
La strada non convenzionale è la più impervia, quella sterrata, quella che pochi percorrono. Ci vuole coraggio. E tu ne hai da vendere.
Quella del venditore di fumo mi piace, ma tu sei la venditrice di “te stessa”.
È già una ricchezza in partenza.
Buona giornata Pepita.
E quando le affinita’ elettive si tingono di reciprocita’, e’ l’ora di festeggiare! Sto andando al bar: colazioni con me? 🙂
spetta’olo!!
Mai quanto la gioia che mi regala sentirti vicina 🙂
Presentarsi alle aziende con una promessa di crescita.
Presentarsi alla vita con la stessa promessa.
E’ promettere a noi stesse. E a loro, i nostri figli.
Belle riflessioni. Grazie.
Grazie a te perché dimostri di aver profondamente compreso il senso di quanto scrivevo. Ogni giorno provo ad insegnare a mia figlia il valore delle promesse, della parola data, degli impegni che quotidianamente ci prendiamo con noi stesse, con gli altri, con la vita. La strada è lastricata di dubbi e paure ma il fatto è che questa è per me l’unica via percorribile: tanto vale camminarla provando a crescerci dentro.
Grazie a te del tuo pensiero, dico sul serio…
il mio chiodo fisso? Nutrire la gente. Vorrei aprire una salumeria con cucina, semplice semplice, eh? Mica di quelle robe strafighe per gente con la puzza sotto al naso. Una roba “fish and chips”, solo che qui siamo nella vecchia, opulenta e grassa pianura padana, perseguitati dallo spirito del Signor Maiale. Quindi forse dovrei chiamare il locale “Bread, maiel and breakfast”. Che ne dici?
Idea creativa 🙂 comunque la semplicità sa essere straordinariamente rivoluzionaria. Il fatto che la tua idea non sia “strafiga” per me ne rappresenta il punto di forza. Avvisami quando la realizzi: io tifo per te ?
Grazie Francesca, del supporto. E’ un chiodo fisso per davvero, ora che so cosa voglio fare. Qualche volta, spesso, mi rammarico di non aver avuto questa consapevolezza anche solo 20 anni fa… Ma come dici anche tu, il passato non si può cambiare. Il futuro, sì! Continui darmi idee e spunti illuminanti. Non smettere! A presto.
Con piacere ed emozione! Grazie e ricorda le parole di Prevert: “bisognerebbe sempre cercare di essere felici, se non altro per dare il buon esempio”.
Un girotondo di sorrisi e grazie per l’affetto con cui mi segui 🙂